Un concetto spesso utilizzato dalle diverse definizioni dell’adolescenza è di transizione e di passaggio.

Questi termini rinviano ad un’idea di movimento tra un “prima” ed un “dopo” quale inizio e termine di un percorso. Il compito principale è costruire un’identità autonoma.

L’adolescente passa da una diffusione d’identità ad una identità autonoma, sperimentando ruoli diversi e tessendo relazioni sociali che gli consentono di identificarsi.

Il processo di acquisizione di identità è un’operazione di sintesi tra diverse parti del Sé che l’adolescente ha riconosciuto come proprie. Quest’evoluzione avviene attraverso le relazioni che corrispondono al desiderio dell’adolescente di rendersi autonomo svincolandosi dal nucleo familiare.

Tuttavia il passaggio dall’una all’altra fase non è netto ma comporta un conflitto tra bisogno di protezione ed, al contempo, l’urgenza di inserirsi in un gruppo di pari.

Il giovane, solo attraverso la condivisione di amicizie, comincerà a costruire una immagine di Sé quale essere sociale; inoltre, tramite il confronto con i pari, potrà alimentare la propria capacità di analisi e di giudizio dei principi e valori ricevuti in famiglia. Quest’acquisizione gli consentirà di formare un’identità unica. Marcia parla di quattro stati dell’identità quali diversi dell’adolescente.

Il primo è lo stato dell’identità acquisita proprio di coloro che hanno già operato una scelta attraverso la sperimentazione di diverse alternative. Il secondo è lo stato detto moratorium proprio di coloro che non hanno ancora operato una scelta e pertanto vivono una tensione .

Il terzo è il blocco dell’identità proprio di coloro che non operano una scelta perché aderiscono fedelmente ai principi ed ai valori dettati dalla famiglia non effettuando alcuna critica.

Infine, l’ultimo stadio, è definito diffusione dell’identità ed è proprio di coloro che, non avendo operato una scelta mettono in pratica vari comportamenti quasi a sperimentare diversi ruoli. Questa attività è tuttavia superficiale perché non accompagnata da alcuna riflessione e pertanto è pericolosa per l’insorgere di disagi evolutivi.

Durante l’adolescenza è fondamentale il ruolo della famiglia la quale può assumere atteggiamenti opposti: iperprotettivi o al contrario molto o liberi.

Le famiglie iperprotettive ed invischianti promuovono legami di dipendenza e pertanto non aiutano l’adolescente a formarsi una identità propria. Queste famiglie si propongono come matrici sature che soffocano gli spazi dell’autonomia del giovane ostacolando a formazione di un pensiero proprio.

Le famiglie molto libere non offrono agli adolescenti ne modelli familiari dell’identificazione ne spazi di discussione per il confronto.

In tali casi il giovane non riceve ne stimoli ne limiti nell’agire, sperimenta su se stesso gli effetti dei propri atti, con conseguenze spesso dannose.

L’atteggiamento più adeguato è una “protezione flessibile” in altre parole un atteggiamento che consenta l’emergere dei bisogni di autonomia e di differenziazione ed, al contempo, sia flessibile ai bisogni di protezione. Questo obiettivo richiede ai genitori molta comprensione e pazienza affinché siano offerte al figlio motivazioni e spiegazioni dei divieti imposti.

Il cambiamento vissuto dall’adolescente comporta una trasformazione del nucleo familiare. Così come avviene in un sistema, il cambiamento provato da un membro ha ripercussioni su tutti gli altri componenti. In questo caso la dinamica familiare cambierà perché si relazionerà con un adolescente e non più con un bambino.

La comunicazione diventa più conflittuale, ed oppositiva, i pretesti di litigi e critiche si moltiplicano. In questi complessi processi di tipo relazionali che avvengono in famiglia si agitano non solo le aspettative, le paure ed i bisogni dell’adolescente ma anche quelle dei genitori.

L’adolescente rimanda al genitore l’idea del tempo che scorre e pertanto essi attraversano una fase di verifica e di bilancio di se stessi come genitori e come coppia sessuata e, pertanto, essi prendono consapevolezza che impiegheranno più tempo in termini di sostegno reciproco. Il compito evolutivo dell’adolescente si stende anche ai genitori in una fase in cui essi si sentono più inutili.

Il lavoro di uno psicologo è comprendere il disagio del giovane rafforzando la sua identità.

Sono diverse le aree di intervento su cui occorre intervenire: la crisi rispetto alla propria identità (ad esempio, chi sono?), crisi rispetto al proprio progetto di vita (ad esempio, non so cosa scegliere, non so cosa voglio), chiusura  (ad esempio, preferisco stare da solo, nessuno mi capisce), relazioni con i pari, prime relazioni amorose, rapporti conflittuali con i genitori, problemi scolastici, disagio riguardo al cambiamento corporeo, incertezza sulla propria identità sessuale, forte rabbia, autolesionismo o pensieri auto/etero-aggressivi, forti preoccupazioni, angosce, somatizzazione ecc.

Spesso la sofferenza vissuta dal giovane è associata a sentimento di disistima e mancanza di progettualità.

L’impegno psicologico è volto ad aiutare l’adolescente ad avere fiducia in se stesso. Talvolta questo fine può essere perseguito attraverso il coinvolgimento di tutto il nucleo familiare e pertanto attraverso la comprensione e l’analisi delle dinamiche familiari. L’abilità del clinico resta nel comprendere le cause del disagio mettendo le relazioni tra i membri familiari e nel resistere alla tendenza di essere coinvolto dai conflitti portati in analisi.